In montagna non puoi dire “scusa, ho sbagliato “. Non puoi dirlo, perché di solito se lo pensi è troppo tardi. Puoi pensarlo, se viene il momento di fare i conti con te stesso. Questo è accade nel nuovo libro di Marco Albino Ferrari, Mia sconosciuta (Ponte alle Grazie, 2020), che ha presentato alla libreria Namasté di Tortona giovedì sera (facciamo i complimenti alla Elisa e a Francesca, che hanno messo su uno dei luoghi di cultura migliori della provincia – e che sono una grave minaccia per il mio portafoglio, naturalmente. A Mandrognistan Ville tale attivismo possiamo solo sognarlo), in una serata fresca, ma prima che arrivasse il solito diluvio di ottobre, con le altrettanto solite tragiche conseguenze (impareremo mai?).
Il libro di Marco (con cui ho avuto una magnifica consuetudine di lavoro molti anni fa) è dedicato alla madre, e ha fatto risuonare in me parecchi ricordi: il suo avvicinamento alla montagna, che resta, del libro, lo sfondo necessario, è per molti aspetti simile al mio: l’avvicinamento avventuo , in modo “esclusivo” grazie ad una persona di famiglia, il rifiuto (che non è semplicemente la ribellione adolescenziale, o post adolescenziale) il ritorno, il fare i conti con il passato. Tutte cose che ho già fatto, sono ovviamente più vecchia, e in modo diverso (la Storia, nel mio caso).
Per chi poi è stato a Courmayeur, ci sono tante tracce di una esperienza comune: la ricerca di un alloggio, coa che i miei facevano ogni primavera, sobbarcandosi un viaggio difficile sino a che il ragionier Salluard ci riservò di anno in anno la mansarda all’ultimo piano, riprendendo in pieno lo scenario classista che Courma già allora aveva: gli stagionali nel seminterrato, i signori ai due piani nobili (torinesi e genovesi in primis) noi classe media nelle mansarde – che per noi ragazzi erano comunque una favola.
Questa, oltretutto, è stata l’estate della letteratura italiana, che io leggo pochissimo, di solito, ma che ho riscoperto, grazie ai social come twitter, che è la mecca di chi scrive, più o meno. Oltre al libro di Marco, altri due mi hanno particolarmente colpito , e tanto per dire, con la montagna non c’entrano niente: Febbre di Jonathan Bazzi, che è arrivato alla finale del premio Strega, e Non superare le dosi consigliate di Costanza Rizzacasa d’Orsogna (che ha anche dedicato un libro al suo gatto Milo). un curioso cortocircuito: uno scirttore che segnala un articolo, lo leggi, dici Cavolo, chi è questa che non conosco (io leggo poco il Corriere), cominci a seguirla, scopre che scrive cose giustissime, e che ha un libro in uscita, sei curiosa e lo compri, poi un’ altra segnala Bazzi eccetera. (Ps, li ho segnalati in rigoroso ordine alfabetico) Di uno dei due riparlerò.