Tra la via Emilia e il West

Prodromo.

Le scarpe a volte muoiono. Di vecchiaia, a volte, talvolta di inedia (quando non vengono più messe, ad esempio. Io ne ho alcune che contemplo, specie quelle che avevano tacchi svettanti con cui svettavo… senza lasciare una caviglia sui sanpietrini, ma ormai le contemplo e basta). Comunque, succede, le scarpe hanno avuto degna sepoltura, e io ho giocherellato con l’idea di comperarmi un altro paio di mocassini (non che le scarpe mi manchino, per carità). Piccolo problema. Da anni ormai (ho iniziato che stavo all’università) compro quasi solo scarpe Mauro Leone (quasi perché Mauro Leone non fa calzature da montagna o sneakers) e no, non mi regala scarpe per dirlo. Comunque , è di Biella, fa scarpe di pelle (mocassini, stivali, sandali, ballerine, tacco 12 stranissime ecc), che sono belle, alla moda, e che non mi coprono i piedi di vesciche quando le metto. E le posso tenere tutto il giorno. Problemino: nel natio Mandrognistan non le vende nessuno. E infatti solitamente vado a comperarle a Torino, a Milano, o nel negozio della fabbrica a Sandigliano.

Svolgimento: siamo in zona arancione.

Così dopo aver riletto le FAQ del Governo, non averci capito come al solito nulla (posso andare a giocare a tennis fuori dal comune , ma non a fare un’escursione in montagna se non ho montagne  a disposizione, o forse sì?), ho stampato la mia autocertificazione, ho scritto: acquisto di beni e servizi non disponibili nel comune di residenza (ED E’ VERO), ho messo l’indirizzo di Mauro Leone a Sandigliano, e sono  partita baldanzosa. Tra casa mia e il casello, ho incrociato, nell’ordine, guardia di finanza, carabinieri, polizia: mai così tanta gente da quando c’è l’Italia a tocchetti. Ho pensato “finalmente non ho deforestato l’amazzonia per niente”. Il negozio, con il magazzino della fabbrica, è sulla strada Trossi, di solito un’arteriona che attraversa diversi paesi sempre piena di traffico. Non c’era nessuno. E anche il negozio era deserto (tra una cosa e l’altra, mi ha raccontato il direttore, sono stati chiusi tre mesi, e sia lui che il suo collega hanno avuto il Covid). Vi ricordo, che oggi era sabato, nel pieno dei saldi. In questo periodo, di solito, il negozio è gremito; ora patisce il fatto che non possono andarci nemmeno quelli di Biella, dove c’è un altro negozio, e nemmeno noi da fuori, o i turisti, dai laghi ( che ci vengono, o meglio, ci venivano) Comunque. Ho comperato le scarpe, bellissime, in saldo. Poi sono andata a Candelo.

Fuorilegge: il ricetto di Candelo.

Il ricetto di Candelo, un borgo fortificato del XIII secolo perfettamente conservato, patrimonio del Fai, uno dei 100 Borghi più Belli d’Italia eccetera. Se andate sul sito http://www.ricettodicandelo.it/ trovate scritto che il sito suscita “emozioni profonde”. So che amici che lo hanno visitato durante manifestazioni sono rimasti delusi. Io sono rimasta perplessa. Ovviamente non c’era nessuno. Tasso di assembramento: due innamoratini che si baciavano su una panchina vicino alle mura, ovviamente senza mascherina (d’altro canto, provate a baciarvi con).

Il ricetto è una struttura fortificata, in cui il signore raccoglieva i beni di un borgo, e che diventava, all’occorrenza, anche rifugio  per la popolazione. Quello di Candelo è uno dei meglio conservati del Piemonte, e risale, almeno secondo la prima documentazione esistente, all’epoca di Ottone III, anche se la maggior parte degli edifici è medievale; sappiamo per certo che esisteva nel 1374, quando entrò a far parte dei domini dei Savoia.  Adesso è una meta turistica, perché nei circa 200 edifici, detti cellule, si svolgono mostre, eventi, esposizioni, il mercatino di Natale, quello dei fiori, ecc. Ovviamente adesso niente di tutto questo è possibile, e il luogo era deserto.

Perplessa perché. Se fosse stata turisticissima, con la gente fumigante nella pianura vercellese, lo confesso, avrei gridato alla mercificazione del patrimonio storico artistico. Oggi il silenzio delle vie era abbastanza inquietante ( o forse mi ricordavo di quando Dario Argento ci aveva girato un Dracula con l’ex alunna di mio marito Marta Gattini), *dato che appunto l’unica forma di vita erano gli innamorati io e un gatto bianco. Non me ne vogliano gli abitanti, ma era molto più affascinante così, forse, con la neve che incombeva sulla pianura. Sono tornata canticchiando la canzoncina della Freccia Nera – sì avevano girato lì anche quello con Aldo Reggiani e Loretta Goggi di tanti tanti tanti anni fa. Naturalmente ho stracciato le mie autocertificazioni, che nessuno mi ha chiesto, appena tornata dai gatti.

* È Gastini, naturalmente, e non so se è il mio subconscio o il dannato correttore del Mac

Informazioni su alpslover

camminatrice e scrittrice, insegnante e madre - di - gatto, moglie scoordinata e ricercatrice, vive nel profondo nord.
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Una risposta a Tra la via Emilia e il West

  1. lepadelleperdirlo ha detto:

    Che belle foto! Che luogo pieno di atmosfera!

    "Mi piace"

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