Se c’ è un difetto nel film di Bellocchio, al di là delle polemiche veneziane ( il premio al giovane attore Falco sembra proprio un contentino), è nel finale, che in un certo senso si avvita per eccesso di spiegazione. Sino ad allora le ragioni e i sentimenti dei protagonisti sono emersi in maniera chiara, sullo sfondo del caso mediatico di Eluana Englaro e del cinismo di certa politica. I personaggi, ciascuno a modo suo e con differenti motivazioni, sono però onesti nel prendere una posizione piuttosto che l’ altra, quando il denominatore comune vero è il dolore. Il politico Pdl ha aiutato la moglie malata terminale staccando la spina, il giovane che manifesta pro Englaro, ha un fratello bipolare e sa di non avere diritta una vita normale, l’ attrice famosa che ha abbandonato tutto e tutti per mettere in scena la figlia in coma non vede la vita che continua nel figlio e nel marito, il medico del pronto soccorso è pronto a passare la notte accanto ad una tossica autolesionista e con tendenze suicide (una Maya Sansa troppo bella per essere vera). Paradossalmente un film nato sulla morte, si chiude con una nota di speranza. Da vedere assolutamente. ( zero pecore, com’è ovvio)
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