No, non siamo in anticipo, è l’incipit de”La donna della domenica” di Fruttero e Lucentini. Mi rendo conto che con quel che succede, parlare di una fiction televisiva sembra assurdo, soprattutto perché la realtà al momento è molto più incredibile di qualunque fiction (Berlusconi in astinenza da televisione, il processo breve, ai barconi non possiamo sparare, in Giappone c’è stata un’altra Cernobyl, ma molto meno pericolosa(??!), Camera & Fabietti sono una coppia di pericolosi comunisti). Comunque io sono uno di quelli che sin da subito ha adorato AnnaCarla Dosio e c. Non da subito subito, ma subito dopo, nel periodo intermedio tra il primo scoppio di adorazione collettiva e il film di Comencini (in famiglia si era così snob da non leggere i livres à succès subito, ma dopo – e infatti io ho ancora tutti lì i romanzi di Faletti, un po’ regalati da qualche benintenzionato, un po’ comprati al Libraccio di seconda mano, e non ne ho ancora letto neanche uno) e comunque mi ero trasformata in una groupie. Li ho letti tutti, poi gli altri libri di F&L, ma devo dire neanche lontanamente come il primo. Il film mi era piaciuto (anche se AnnaCarla non me la immaginavo così) e così quando ho visto che ci avevano fatto una fiction, sponsorizzata dalla ProLoco e dalla Torino Film Commission (non so se avete notato, ma Milano Roma e Napoli in tv sono ormai irriconoscibili, senza alcuna traccia o quasi di colore locale, ma Torino è sempre Torino e la vedi sempre dall’alto, con le Alpi e la Mole in bella vista . Difficile rimuoverle, d’altro canto). Le fiction tratte dai libri (liberamente tratte sempre, come se non ci fosse più uno sceneggiatore capace di fare un adattamento) di solito sono a vario titolo orrende, e infatti non le guardo mai, ma qui non potevo non fare una eccezione. E beh e beh…ni. Cioè. Il cast c’era, e in una storia così il cast è (quasi) tutto. Le parti di contorno, perfette: hanno preso un po’di gente del Teatro Settimo come la Curino e lì vai per forza sul sicuro, dei buoni caratteristi rodati (Zucca, Frattini, Castellano), quelle facce che hai già visto ma non ti ricordi dove (ma Lello, non ha lavorato con Corsicato?) e poi devi azzeccare i protagonisti. Morelli era perfetto (fra l’altro, molto più somigliante al “vero” Santamaria di Mastroianni, che però, appunto, è Mastroianni). Andrea Osvart no. Non perché non sapesse recitare (l’hanno doppiata?), ma perché pur bellissima è troppo bonazza per essere credibilmente AnnaCarla: tanto valeva metterci la Bellucci, bonazza per superbonazza, e magari farle una tinta un po’ meno tinta. Torino poi è sempre Torino, ieri passavo in via Berthollet – sì sono andata a Torino, martedì – e chiaramente non si poteva girare nel multietnico San Salvario di adesso. Il problema appunto è l’adattamento. Nel libro, AnnaCarla e il marito vanno perfettamente d’accordo, come vanno d’accordo le coppie altoborghesi, e AnnaCarla non avrebbe mai lasciato il marito (hanno convenientemente espunto la bambina) per qualcuno, diciamocelo, simpatico, ma “inferiore” (non nell’”ambiente”); e infatti, la domenica, AnnaCarla e il commissario vanno a letto (da qui il titolo). Nella fiction no. Ci si bacia, ci si mette insieme, ma l’adulterio mon Dieu no. La tv è diventata di colpo il “Rotary delle troie” (lo dice la signora Tabusso di quelle che frequentano il suo vallone) e il convento delle Orsoline allo stesso tempo? Senza contare il disvelamento dell’assassino, che niente ha a che fare con il libro – anche lì, era troppo difficile per il pubblico medio?
Comunque sono andata doverosamente a Torino perché perché la volevo vedere tutta imbandierata e assolata (e dovevo cercare anche un libro, un pretesto ci vuole sempre). Mi sono sentita veramente a casa (extracomunitari compresi)
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