Tranquilli, inizia seriamente poi precipita subito.
Alcune settimane fa, nell’ambito di un corso di formazione di storia dello sport, abbiamo parlato di alpinismo: una di quelle volte, insomma, in cui lavoro e passioni si intersecano. Il prof. Morosini ci ha raccontato del significato sociale e politico di andare in montagna nel periodo postunitario.
Di come le Alpi come terreno di gioco non fossero solo un simbolo di bravura sportiva, ma anche di conquista “reale”, e ha fatto il ben noto esempio dell ‘Eiger e di Emilio Comici, che era anche Commissario prefettizio.
Ora ci si arrampica per sport – ero a Finale, ricordate, e ho anche quell’età in cui ho visto le prime gare di arrampicata sportiva. Da “arrivare in cima” a arrivare e basta. È certamente diverso scalare in montagna dal salire su un muro; ho visto alle Olimpiadi che un fuoriclasse come Adam Ondra nemmeno si è classificato, se non ricordo male. Salire su un muro non è salire sulla roccia. Per altro, nemmeno nuotare in piscina e nuotare in mare sono la stessa cosa. A me piacciono tutte e due, ma non sono la Pellegrini.
Io mi arrampico poco. Nel senso che non mi sono mai spinta oltre il “mani e piedi “ che capita di tanto in tanto camminando.
Poi uno le avventure se le va a cercare…
Pochi giorni fa ho rimesso l’auto in garage, ho chiuso, ho risalito due piani, e quando ho fatto per tirar fuori le chiavi per aprire il cancello automatico ho realizzato che erano rimaste in macchina che era rimasta in garage che era ovviamente chiuso. Mi era anche capitato nella casa vecchia, ma lì c’era una porta sempre aperta che faceva entrare nelle cantine del palazzo di fianco e da quello (Francesco non c’era) ero tornata dove sto adesso e avevo svegliato mia madre per farmi aprire la porta . Molti anni fa quindi. Invece ho chiamato mia cugina che ha le chiavi e le ho detto dove poteva trovare anche quelle del garage. Ho interrotto la sua cena e mi sono messa ad aspettare.
Il mio garage si trova nel palazzo adiacente a dove abito adesso (meravigliose case di geometri – cioè senza nessuna pretesa di bellezza architettonica) e si può uscire con il cancello di emergenza nel cortile. Ma da lì ovviamente non esci più perché non c’è un apriporta. Intanto che aspettavo mi sono messa a valutare l’altezza del cancello di recinzione. Che non è altissimo, in effetti. Così, ho aperto a 90° il cancelletto d’emergenza da cui ero uscita, l’ho appoggiato alla recinzione, sono salita, da lì ho appoggiato i piedi alla scatola metallica dell’ allaccio dei VVFF (perché ho le gambine corte e facevo fatica a salirci direttamente) e ho agilmente scavalcato la cancellata saltando giù a piedi uniti. Oplà.
Oddio, oplà fa pensare a un agile balzo, proprio , ecco, no. Avevo dei mocassini, tra l’altro, che non ammortizzano moltissimo. Comunque ho recuperato la borsa e l’ombrello e sono andata tutta fiera ad aspettare mia cugina.
Sono stata tutta fiera sinché ho scoperto che il cancello automatico che dà sul cortile, spingendo un po’ si apre benissimo… senza fare tutta questa pantomima. Però vuoi mettere.
