Sono andata a Merano più di una volta, e lo ammetto, mi sono limitata a passeggiare lungo il fiume e a girellare nella parte vecchia della città, e pranzare lungo il fiume (e ho scoperto che il posto in cui abbiamo pranzato la prima volta io e Francesco è ancora lì al suo posto , cosa di questi tempi non scontata). Il mio punto di riferimento era la chiesa Luterana, così tranquilla e immersa negli alberi, ora già ricchi di splendide sfumature.
Allora non sapevo in realtà che il lungo Passirio era stato costruito come passeggiaata terapeutica per i turisti, e in origine era vietata agli abitanti, che andavano nei prati della zona sud, dove poi il fascismo costruì l’ippodromo che esiste tutt’ora. E poi non avevo visto Sissi, l’ur influencer, la cui presenza, una sola stagione, era riuscita a dare un impulso notevole al turismo medico, quello delle acque. Non avevo visto le terme, non il palazzo liberty che adesso è un centro culturale, e nemmeno il modernissimo edificio attuale (le mie amiche sono andate e si sono divertite moltissimo e quindi, ovviamente, mi sento di consigliarle, per tutte le informazioni potete andare qui e ricordate il Bonus Terme qui come ovunque è esaurito. Ma anche le terme sono nella mia bullet list, insieme a molte altre cose)
Se camminare per chilometri a mezza costa, semi in piano, ancora non vi basta… ah, attenzione, in estate può fare molto caldo- il centro storico, gotico, la chiesa di San Nicolò, che presto scaccerà il Krampus (e sì ci hanno confermato che dietro la maschera nei paesi ci si danno botte da orbi e si regolano vecchi conti)






Ma, ci sono anche le ombre, dietro questa superficie turistica luccicante, c’è la storia quasi dimenticata della comunità ebraica meranese, deportata nel primo immediato periodo dell’occupazione tedesca (Trentino e Trieste diventano zone di operazione) è stata completamente sterminata . Ed è grazie agli ebrei tedeschi che la cultura del turismo termale si è diffusa nel meranese approfittando delle fonti già note dal medioevo: lo testimoniano le pietre d’inciampo disseminate in città. E una statua, dalla iconografia mistica (nota come la fanciulla che prega), seminascosta in un cortile, accanto ad una lapide, che ricorda le vittime innocenti (il cortile si trova dove una volta c’era una caserma).