





Prima di essere di nuovo rinchiusi in casa ( e vedrete che presto o tardi succederà), o prima di piombare nell’oscurità con la fine dell’ora solare, godiamoci qualche escursione autunnale, magari sui nostri Appennini, e approfittiamo per vedere qualche amico, ma sempre meno di sei.
Noi abbiamo approfittato tra congiunti (anche se non conviventi) per farci un giro. Io ho proposto la Badia di Tiglieto nel parco naturale del Beigua; ero andata qualche anno fa (Google mi ricorda nel 2016), ma avevo fatto un giro corto, soffermandomi nella visita dell’abbazia. Dopo aver letto dell’anello su un libro di escursioni autunnali (che non menzionerò, questa volta) abbiamo deciso di effettuare quello che veniva definito l’anello di Tiglieto, classificato turistico, durata un’ora e mezza circa.
Come sempre to cut a long story short abbiamo camminato tre ore ( e stamattina un filino di acido lattico c’era, perdonate l’età). A parte gli orari messi decisamente a caso (quella tempistica va bene se corri, nemmeno se lo usi come itinerario di nordic, in cui i bastoncini offrono oltre che stabilità, propulsione), si tratta decisamente di un giro panoramico ed estremamente remunerativo dal punto di vista del foliage, con tutte le sfumature del verde, del giallo e del rosso, e con una splendida accentuazione dei colori al tramonto. Per imboccare l’itinerario, occorre girare intorno alla basilica – noi siamo stati salutati da Artù, il fagiano addomesticato – aprire il cancello che segnala la chiusura al traffico, e seguire l’itinerario n.6 e la segnaletica gialla del parco del Beigua (bolli e frecce). Non è assolutamente possibile perdersi, perché la segnaletica è abbondante e chiara, e tutte le svolte sono chiaramente indicate. Si inizia nel bosco di castagni e querce, in leggerissima salita con molte svolte, sinché ci si ritrova sulla strada asfaltata che si incontra poco prima del parcheggio della chiesa. La si percorre qualche decina di metri e poi nuovamente si imbocca un sentiero nel bosco che svolta e scende sino ad arrivare all’Orba, che si attraversa su un ponte metallico molto decorativo, ma un po’ traballante e arrugginito (una mano di saratoga non costa tanto, dai).
Da lì si sale con maggior decisione, sempre nel bosco, si attraversano diverse zone umide sempre in saliscendi (attenzione, i ponticelli possono essere alquanto scivolosi) sino a tornare a fiancheggiare l’Orba, in un lungo tratto pianeggiante a picco sui canyon formati dal torrente (ci sono parecchi punti panoramici e il sentiero è quasi sempre protetto da palizzate); si finisce, con un ritorno graduale al mondo umano, a fianco della provinciale da cui si è arrivati. Per non percorrere il tratto sull’asfalto si può seguire il sentiero sino alla fine, attraversando l’Orba un’ultima volta su un magnifico ponte medievale.
A voler ben vedere in estate i canyon del torrente formano dei bellissimi tumpi “locali”, se si ha voglia di sobbarcarsi un pezzo di strada non indifferente.
Sabato era una giornata piacevolmente tiepida e ce la siamo cavata con una tshirt con le maniche lunche e un pile leggero. Unico consiglio: le foglie e il muschio sono bellissimi ma scivolosissimi: disse quella che ha messo il suo riverito posteriore su sasso con muschio, e non da sola. C’è da dire, tuttavia, che attutiscono non poco ogni incidente.
Tasso di assembramento: 2,5 (ossia padre madre e bambina che cercavano castagne abbastanza vicino alla basilica). Poi nada zero nessuno: anche tra congiunti, come cerchiamo di evitare assembramenti noi… deve essere proprio di famiglia.
E’ andata così bene, che n’atra vota turna.
