Quando un amico muore in montagna, tutto il tuo mondo in qualche modo ricade all’indietro. Domenica ho letto di vari incidenti sul Monte Rosa, ma lo ammetto, così, senza pensarci troppo. Lunedì pomeriggio in ufficio – siamo a fine luglio, stiamo organizzando le attività della prossima stagione, ma il ritmo è decisamente più rilassato, complice anche il caldo, quando mi telefona il direttore, che beata lei vive in un luogo molto più fresco, e mi (ci) cade il mondo addosso. “E’ morto Flavio…un incidente in montagna, guarda nella posta, c’è un messaggio del presidente Pezzino “. Resto basita. Ci eravamo visti…tre settimane fa, più o meno. Per lavoro, ovviamente. Facevamo (facciamo) lo stesso lavoro. Io avevo iniziato a frequentarlo anni fa, quando dall’Istituto ( dove ero ancora un ricercatore diciamo così a mezzo servizio – non per colpa loro, ma essendo a scuola facevo una fatica pazzesca a conciliare tutto) mi avevano chiesto di seguire il percorso sulle nuove tecnologie e la comunicazione. Ecco, la nuova comunicazione , le TIc eccetera erano di Flavio ( e di Patrizia, e di Agnese, certo, ma lui, anche chilometricamente, era il più raggiungibile, e anche totalmente disponibile a rispondere a ogni domanda)

Lo confesso, ho passato la serata di lunedì a chiedermi cosa fosse andato storto. Sapevo che andava in montagna, ed era esperto e prudente. Non perché lo avesse raccontato lui, ma siccome delle mie escursioni sono al corrente pure le pietre, e sì, perché mi era capitato di rispondere di sabato o di domenica a una mail, del suo collega Riccardo, perché senti l’avviso, pensi, ma sì poi vedo, però alla prima sosta vai a vedere, sei in montagna, ma sì per un momento pensi alla riunione che avrai la prossima settimana, leggi e rispondi, e butti lì, ma nemmeno in montagna si sta tranquilli, e una parola la volta successiva, che ti fa capire che non sei la sola a scarpinare e che in giro ci sono persone che senza fare pubblicità fanno di più e meglio. Sempre sorridendo, sempre con la sottile ironia che lo contraddistingueva.
Ho passatola serata di lunedì a chiedermi cosa sia andato storto, a leggere gli scarni ( e scusate, anche abbastanza imprecisi) resoconti sui quotidiani. Perché chi resta se lo domanda. Sempre. Anche se è inutile. Adesso è il momento dei saluti. Eri uno studioso, anche , della Resistenza. Sei “tornato” in montagna.
Con questo, le mie personali condoglianza alla famiglia e agli amici di Istoreto