Ricostituendo a poco a poco l’elasticità muscolare ( come diamine fanno i calciatori?) avevo deciso, quest’anno, di dedicarmi all’esplorazione di casa mia, cioè del Piemonte, che per noi Mandrognistani è un oggetto abbastanza sconosciuto. Intendiamoci, al di fuori della tangenziale di Torino , per chi ci governa, sunt leones, e alle elezioni di solito glielo si ricorda, fatto sta che dal natio Mandrognistan si vede il mare, come cantava Paolo Conte ( o Fossati? Non ricordo) e in linea d’aria ci mettiamo molto meno ad arrivare a Genova, o a Milano che a Torino – nel secondo caso, non in treno, giusto per ricordarci che in realtà noi abbiamo passato molto più tempo con i Milanesi, che con i Savoia. Ma prima del treno.
Complice il fatto che ho amici pazienti, e un divano, a Torino, ho deciso di esplorare tutte quelle montagne che compongono il Piemonte, e che io, in tanti anni di vita, in realtà non ho mai visto ( e un po’ ci sarebbe da vergognarsi), e anche un po’ di quella landa tra pianura e collina che il mondo tanto ci invidia ( sì, anche i toscani…).
Mia cugina Millina ( aka Lepadelleperdirlo) ama molto la Val Pellice, e io ho deciso di partire da lì. Prima missione esplorativa, risalire tutta la valle, dall’inizio alla fine. Prima Torre Pellice, nel giorno, tra l’altro di una importante partita del Valpe , che non è una squadra di calcio, ma di hockey, e qui e a Courmayeur, se non vado errato, ci sono le due uniche squadre al di fuori del giro tedesco. Torre Pellice, oltre all’hockey, trasuda l’appartenenza comunitaria valdese. Il museo, aperto nei week end, è molto interessante, specie la storia del patriota Janevel ( o Gianavello), che si mi è stato descritto come l’antesignano di tutti i guerriglieri . Sarà stata la giornata particolarmente tiepida, o il momento della giornata , o l’atmosfera sospesa che sempre anticipa un grande evento sportivo ( e la parola sportivo già esclude che si parli di calcio o di formula Uno), insomma regnava una calma assolutamente irreale. Idem a Bobbio, dove ho fatto un giro a piedi tra le frazioni, con un solo cane che mi ha abbaiato dietro. Poi sono salita in auto sino al punto più alto sulla strada asfaltata, che in alcuni punti è davvero stretta e richiede non solo molta attenzione se due veicoli si incrociano, ma soprattutto molta attenzione a non finire nel burrone. D’ estate , già mi figuro: in un normale sabato di marzo, senza una goccia di neve, il parcheggio alla fine della strada era pieno. Poi si può solo salire a piedi ( ci sono diverse possibilità ben descritte al parcheggio in un tabellone) nell’incantevole conca di fondovalle. Io sono salita sin quasi alla cima, ma riprometto di passare un week end di più decisa esplorazione escursionistica ( sempre che lo strappo sospetto che ho sentito saltando sul treno questa settimana non mi costringa a ulteriori rallentamenti… sempre detto che il treno è pericoloso)

Il tempio

Bobbio
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