Sul quotidiano sabaudo di oggi c’è un intervento di Eugenio Testa, delle guide alpine del Monviso (http://www.alps.it/index.htm ) che mette in guardia i racchettatori della domenica che a colpi di ciaspole provocano incidenti a sé e agli altri (soprattutto ad altri, visto quel che è successo in Trentino dopo Natale) Tutto vero, per carità: mai andare su pendii aperti se non si è più che sicuri delle condizioni della neve, del meteo, e del rischio valanghe, se si è principianti iniziare da sentieri che si conoscono già dall’estate perché nella neve è facile perdere l’orientamento… Ma io farei alcune considerazioni in più: chi si avventura fuori pista, è sconsiderato a prescindere dal mezzo che usa; dovrebbe probabilmente starsene in un rifugio a sorseggiare vin brulé, anziché calzare sci pelli o racchette. Inoltre, se è vero che in Nord Europa si usano per lo più su terreno pianeggiante, non è poi così vero negli Usa, io la mania l’ho presa lì, dove lo snowshoeing è uno sport invernale come gli altri, dove ci si assumono i rischi del caso. Le piste battute, che ci sono nei paesi civili, come Svizzera, Austria, Francia tanto per restare sulle Alpi, noi ovviamente ce le sogniamo: lì davvero i praticanti sono migliaia, i sentieri permettono di fare escursioni in quasi totale sicurezza, ma siamo sicuri che poi qui siano così tanti? Io che sulle racchette ci vado da dieci anni, continuo a sentirmi una mosca molto bianca (sarà perché le mie uscite sono per lo più infrasettimanali?)… fatemele vedere le folle (e io mi cercherò qualcos’altro da fare… immediatamente). Se sono scettica, è perché ad andar su racchette si fa una fatica notevole e così, non so, non la vedo l’Italica stirpe che di fatica si ammazza.
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