A causa dell’influenza (che non è influenza perché ancora non c’è l’epidemia e però io avevo la febbre lo stesso) questa settimana non sono andata in montagna. Non sono andata da nessuna parte, veramente: non al lavoro numero uno, quello che ha pagato un mutuo e che ora non arriva a pagare le bollette, non al lavoro numero due, che dovrebbe appagare la mia ambizione. Insomma sono stata a casa nel letto. Così per quello che è il mio post domenicale, sono costretta ad andare indietro, a riprendere un’ escursione fatta in passato, per la precisione due settimane fa.
La Valle del Gran San Bernardo, ultimamente, non è stata una delle mie mete preferite. In realtà, se si esclude la zona del passo in estate, le mie ultime frequentazioni risalgono a quando ho fatto l’animatrice alla casa Alpina Sacro Cuore di Etroubles, due guerre irachene, due o tre guerre jugoslave e qualche muro caduto fa. Tanto tempo fa, cioè ( e così riveliamo subito anche l’oscuro segreto delle mie frequentazioni clericali).
In realtà pensavo fosse lunga da raggiungere in auto (per me la ragionevolezza del tempo di percorrenza è purtroppo una necessità.) Invece in neanche due ore ero alla base della mia escursione, oltre le case di San Leonardo a Bosses, ai piedi di un sentiero scelto un po’ a caso sul libro di Stefano Ardito. All’imbocco c’è un grande cartello bianco e uno slargo abbastanza confortevole per parcheggiare (tenuto conto ovviamente che in un giorno feriale all’inizio di ottobre non c’era in giro assolutamente nessuno). Sulle carte il bivio dovrebbe essere segnato come quota 1464, direzione Fons Citrin, una fonte di acqua solforosa – mio padre avrebbe detto acqua marcia.
Il sentiero si sviluppa tutto nel bosco, dove ancora si trovavano cespugli di lamponi pieni di bacche mature e dolci, un segno sicuro che non è un itinerario troppo frequentato, oppure che le conoscenze botaniche mediamente rilevabili sono anche peggiori delle mie. La salita per un tratto si sviluppa accanto al torrente, e non mi è sembrata così selvaggia come suggeriva la guida, ma certo un po’ trascurata per via dei cavi e dei tubi di gomma che probabilmente sono legati all’elettrodotto. In ogni caso non è particolarmente faticosa, il sentiero è ben evidente e in un’ora e dieci minuti, causa soste more e lamponi, sono arrivata all’alpe nei cui pressi si trova la famosa sorgente.
In discesa, verso le cinque del pomeriggio, il tempo che era stato fresco ma stabilmente bello ha subito un repentino mutamento. Dal colle, come ho letto che è frequente, si è levata una vera e propria bufera che ha fatto cadere una sorta di pulviscolo ghiacciato, che non era pioggia e nemmeno neve, il tempo nella comba Citrin si manteneva sereno e con il sole visibile ancorché tramontante. Bellissimo a vedersi – oddio non vorrei fosse questa la causa dell’influenza.
Tornando mi sono fermata ad Etrouble a comperare il prosciutto di Bosses ( perché anche chi non cammina con me vuole la sua parte…)