Sabato scorso a Bormio è successa una cosa che non credevamo possibile: ci siamo svegliate con il suono della pioggia che picchiettava il vetro delle finestre in mansarda. Un suono che nel natio Mandrognistan abbiamo praticamente scordato e ora c’è anche l’ordinanza del sindaco che comincia a razionare il consumo di acqua…
La sera prima, di ritorno da una favolosa cena a casa di un’amica conosciuta per lavoro, io e Luisa, dopo aver portato fuori Tobia, che era stato buonissimo e aveva giocato tutta la sera con la meravigliosa Ester Joséphine di tre anni, c’eravamo sedute in terrazza a guardare le stelle. In camicia di cotone leggerissimo Luisa, in abito a fiori di lino e cotone io: a Bormio, vi ricordo. C’era un filo di brezza e tornando avevamo visto, sulla Valfurva, della vampate, quelle che il mio mitico ragionier Salluard definiva “di calore”. In realtà nella notte avevamo sentito tuonare, avevamo pensato “che bello” e ci eravamo rimesse a dormire.

Dopo un po’ il tempo era cambiato repentinamente, la mattina seguente pioveva a dirotto, e un autoarticolato si era semiribaltato uscendo dal parcheggio della Levissima: c’erano i carabinieri, i pompieri e una coda gigantesca. Osservando le operazioni di messa in sicurezza, con svuotamento del rimorchio, avevamo anche controllato le previsioni meteo, giusto per sapere cosa fare, e scoperto che lì a mezz’ora avrebbe smesso di piovere (ci sono siti e app molto precise in proposito, e cioè NON ilmeteo.it). La nostra escursione ai Forni era da considerarsi rimandata (a data da destinarsi abbiamo poi capito, e pace). Siccome uno dei nostri itinerari alternativi era il forte di Oga, abbiamo pensato, proviamoci. Il forte è chiuso sino al prossimo dicembre per lavori di restauro e consolidamento, così aveva detto l’ufficio turistico a Bormio, ma naturalmente è sempre raggiungibile. Ci si arriva attraverso una comoda (a posteriori) strada asfaltata, a siccome Lulu non sapeva quanto comoda e quest’anno abbiamo la sua auto, l’abbiamo lasciata sopra al paese nel primo slargo disponibile e non privato e siamo salite a piedi. Io ho portato la giacca impermeabile, Lulu no perché non sarebbe piovuto sino alle 13. In una quarantina di minuti e varie soste siamo arrivati al forte e nel frattempo la Valfurva era chiusa da nuvoloni e altri stavano salendo da Tirano. A quel punto io ho scattato qualche foto (il giro delle fortificazioni, secondo due ragazzi che abbiamo incontrato e mentre Tobia e la loro cagnolina facevano amicizia, si può completare in una ventina di minuti) e ho sentito una goccia.
No no scendiamo scendiamo, ci vorranno venti minuti e siamo appena in tempo. Così, in effetti, che aspetto ha il forte di Oga non lo sappiamo e comunque questo non ci ha salvato dal’acquazzone che è iniziato seriamente a cinque minuti all’una e anche scendendo a passo di carica, ci siamo bagnate da capo a piedi. Ho pure corricchiato, ma sempre a debita distanza da Tobia, non si sa mai che mi avvoltoli nel suo guinzaglio – capita spesso perché lui solitamente procede a zigzag.
In realtà io mi sono bagnata solo a metà perché la mia vecchia Technique Extrème ha svolto egregiamente il suo lavoro, ma è appunto una giacca e quindi da metà coscia in giù l’acqua gocciolava dai pantaloni. Lulu con grande sportività ha fatto come sempre si faceva in passato, ossia si è spogliata in auto, è rimasta in biancheria e si è messa la giacchetta impermeabile che anche a suo dire non avrebbe retto l’acquazzone. Poi siamo state lì a sentir la grandine cadere.
Il forte di Oga merita sicuramente e il panorama giustifica la passeggiata (in cima alla strada c’è anche un ristorante dove saggiamente avremmo dovuto fermarci). Ho dimenticato di dire che tranne i due ragazzi non abbiamo incontrato nessuno – neanche a farlo apposta finiamo di essere sempre io lei e il cane.
Anche l’odore della pioggia sulla terra è qualcosa che mancava da troppo tempo, che piacere risentirlo
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