Sono andata via e non è piovuto; non ha nemmeno fatto un tempo stratosferico, e paradossalmente ma non tanto a dicembre faceva molto più caldo; nel senso che adesso c’era la temperatura che ti aspetteresti a marzo, ma a dicembre faceva caldo come a maggio. Non va bene, e qui come in Costa Azzurra non piove da più di cento giorni.
Da un po’ rimuginavo con l’idea di fare un salto a Montecarlo, dove, passando per anni Natale e Pasqua a Sanremo ero stata diverse volte con i miei e dove, ricordo benissimo, mi ero spaventata molto vedendo dal vivo le murene nel Museo Oceanografico (tutti in famiglia eravamo grandi fan dei documentari di Jacques Cousteau).
Così a dicembre c’ero passata in auto e avevo provato una decisa sensazione di straniamento. I grattacieli, che mio marito avrebbe amato moltissimo, complice il buio e le strade deserte, parevano abbastanza inquietanti; avevo girato a caso, perdendomi nei tunnel, e finendo davanti allo Yacht Club, dove era parcheggiata una nave (panfilo mi sembra una parola riduttiva) grande più o meno come una fregata da guerra. Avevo poi scoperto che esiste un bus, il n.100 che va da Mentone a Nizza e viceversa passando da Monaco lungo il litorale (lascia da parte cioè i villaggi fortificati). Così ho messo da parte la mia naturale diffidenza verso i mezzi pubblici, ho controllato gli orari, chiesto informazioni e ho pure messo la sveglia.
Bene, è un’ottima cosa; è puntuale come un orologio svizzero, ci mette più o meno lo stesso tempo rispetto ad un viaggio in auto sulla statale, costa €1,50 da Mentone a Nizza, e puoi dedicarti alle persone che sono intorno a te: due anziani coniugi inglesi, finalmente tornati dopo il covid, una signora che è scesa con me, con una pelliccia di visone e una borsa elegante, una ragazza sudamericana che chiamava ossessivamente il suo fidanzato dicendo cosa aveva comperato per la spesa. Piccoli pezzi di mondo.
Mi sono fermata nel centro di Montecarlo, sulla piazza del Casino, dove sono concentrati i non molti edifici liberty del Principato, il Casino, appunto, il café de Paris con le sue decorazioni e l’hotel Ermitage. Questo è in centro delle boutique lussuose, e delle grandi firme della moda, molte delle quali erano però misteriosamente, almeno per me, chiuse. Dopo aver rischiato di farmi investire da una Porsche davanti al Casino, ho camminato a lungo negli splendidi giardini, cercando una statua di Vasarely che non ho trovato, ma che ho sostituito con altre opere d’arte da Lodola a Botero, e con una passeggiata in mezzo ai piedi dei calciatori famosi (ci sono Rivera Totti e Pelè, ma pure Nakata che da noi non se lo filava nessuno.
E così, alla fine ho anche capito dove mi ero persa quest’inverno, dato che ero proprio sopra al porticciolo e allo Yacht club: c’erano sempre molti panfili grandi come navi da guerra, ma meno. Saranno scappati tutti gli oligarchi? In ogni caso qualcuno mi ha chiesto indicazioni stradali. A me. Si vede che mi mimetizzavo bene nell’ambiente

