Almeno su una cima, no

Questa volta ospito un breve intervento di Enrico Camanni (e poi vi dico la mia).

ALMENO SU UNA CIMA, NO

di Enrico Camanni

Vi invito tutti a sottoscrivere l’iniziativa che stiamo portando avanti per i 100 anni del Parco nazionale Gran Paradiso. Si tratta di un’idea rivoluzionaria per il nostro tempo avido di performance e povero di spirito. Niente di costrittivo, sia chiaro. La “Montagna Sacra” non sarà un luogo di divieti, perché un progetto culturale non può basarsi sull’imposizione. Il progetto non prevede alcuna interdizione formale, nessun divieto d’accesso, nessuna sanzione pecuniaria per chi non vorrà “astenersi”. Molto più semplicemente, l’impegno a non salire in cima è una scelta suggerita e argomentata, al fine che venga rispettata dall’intera comunità. Siamo assolutamente rispettosi della libertà altrui, ma faremo ogni sforzo perché la nostra visione venga compresa e condivisa dai più, non come atto di forza ma, al contrario, come gesto di liberazione.
Per leggere e sottoscrivere: www.sherpa-gate.com/la-montagna-sacra/

Queste le parole di Camanni. Io ho firmato. Il mio nome comparirà a breve nell’elenco dei sottoscrittori. Ho guardato nel mio archivio fotografico, e credo di non avere nemmeno una foto di quella montagna, o meglio, dato che nel vallone di Forzo ci sono stata parecchi anni fa, è anche possibile che l’abbia fotografata, magari un pezzettino, senza saperlo. Magari ho pure pensato che somigliava al Monviso, al Cervino, al Nupse, whatever.

Da laica quale sono, la sacralizzazione delle cose mi lascia di solito freddina. Tuttavia, per il centenario del Parco Nazionale del Gran Paradiso, istituzione benemerita in Italia, rimarcare che non tutta la montagna è turismo di massa ci vuole. E’ un dovere.

Lo abbiamo visto (io come sapete da lontano, perché non facevo massa nemmeno prima, figuratevi adesso) quest’estate, quando le montagne sono state prese d’assalto da persone, che magari in buona fede – diamo il beneficio del dubbio – non avevamo mai messo piede su una montagna, italiana o straniera, e non sapevano assolutamente come muoversi. E quindi è giusto (anche) lasciarla in pace: lasciarla alla natura, agli animali, alle piante, alle pietre. Prima del Settecento e dell’Illuminismo, le montagne erano lì, e l’uomo non aveva ancora trovato un mezzo per rapportarsi: soltanto, faticosamente, valicava passi e costruiva strade (che poi la neve per lo più si riprendeva in inverno). Poi sono diventate oggetto di contemplazione; poi un terreno di gioco; poi un sistema economico – che sta mostrando la corda.

Ecco, esteticamente, torniamo a contemplarle: magari con stupore (che secondo Aristotele come è noto è l’anticamenra del pensiero – sono una filosofa prestata alla storia, scusate).

Informazioni su alpslover

camminatrice e scrittrice, insegnante e madre - di - gatto, moglie scoordinata e ricercatrice, vive nel profondo nord.
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