Domenica, ben riposata e rinfrancata, ho detto vado a farmi una camminata, ma temendo sia il caldo, sia l’affollamento post Covid, alla fine non mi sono fidata ad andare in uno dei miei soliti posti. E così, perché no, un giro a Carrosio, vicino, non troppo presto così non mi prendo il caldone e c’erano le indicazioni per il geosito…eccetera.
Le circostanze parevano propizie. Niente caldone, poca strada, nessuno in giro, se non un bel gattone vicino alla piazza (ciacola con la sua mamma) e poi ho ripreso il mio sentiero e mi sono resa conto che la volta precedente la freccia indicante il geosito non l’avevamo proprio vista. Perché puntava felicemente nella boscaglia. Oddio, in mezzo all’erba alta pareva insinuarssi una traccia e io bravamente ho affrontato la boscaglia (a “oddio le zecche” ho pensato dopo e fortunatamente dopo attento esame, non ne ho trovato) Il cartello non specificava la natura particolare del geosito – per chi non lo sapesse la parola indica una particolarità geologica specifica di un certo territorio. Ad un certo punto sono finita in un mezzo ad una radura dove la boscaglia diventava più fitta e amen. Cosa voleva dimostrarmi? La radura era una specie di terrazzino panoramico al di sopra dei calanchi che sono una particolarità della zona. Cosa siano i calanchi, se non lo sai già, resta un mistero . Ma questo è il meno: sindaco, pro loco, cai, togliete un po’d’erba. Tornata sul sentiero con le gambe tutte graffiate dai cardi alti quanto me, faccio tre passi e vedo un altro cartello risolutamente puntato verso la boscaglia, che l’altra volta avevamo assolutamente ignorato. Però dice Monte Erbano.
Questa volta non ho sfidato la boscaglia, anche perché ci voleva un machete. Allora ho rifatto il sentiero, sono arrivata sul… colle Erbano? Erbano più in basso? Erbano jr? Poi la strada scendeva decisamente e dopo un angolo pianeggiava e io avevo camminato ben oltre l’ora e mezza. Il mistero permane, e nemmeno la mia cartina lo ha risolto, perché del monte Erbano non c’è traccia.
I calanchi dai racconti di mio padre sono delle specie di burroni scavati nel tufo o in altre colline ripide di terra. A Monteu Roero dove lui passò l’infanzia insieme al fratello nonché tuo suocero , loro bambini si divertivano a scivolare , proprio a fare lo scivolo giù dai calanchi, buttando giù a rotta di collo fino in fondo ai valloni sottostanti, pieni di sterpaglia (immagino), ma si stradivertivano…Di questi valoni selvaggi i calanchi erano le ripide sponde. C’era poi l’aneddoto di uno di Monteu che, avendo come tutti il gabinetto fuori in fondo al cortile, una mattina uscì di casa e il gabinetto non c’era più. .. Inghiottito da un calanco formatosi nottetempo. I calanchi sempre dai racconti erano anche delle voragini che si aprivano improvvisamente nel tufo, degli smottamenti del terreno….
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Ma che meraviglia, l’idea di fare la sghiarola sui calanchi (meglio sfoltire la foresta vergine però…)!
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