Sul mare è sempre primavera, più o meno. Intanto non ci sono più le mezze stagioni, signora mia, è ormai non più (solo) un luogo comune, ma un azzardo climatico. Di fatto siamo noi diversamente giovani, dai trent’anni in su, che rimpiangiamo i ciliegi in fiore e i tailleur di mezza stagione color rosa o verde pastello. Noi donne, voglio dire, gli uomini costretti al giacca – e -cravatta benedicono il tasmania e il fresco di lana tutto l’anno. A Malaga fine febbraio erano quasi tutti in infradito e shorts – e ti viene ovviamente da pensare che con il caldo torrido andranno in giro nudi? Ma era Carnevale, e i più vestiti erano i bambini costretti nei costumi di angelo o Zorro o Frozen o Topolino e Minni ( viene da pensare, tra l’altro, tutti personaggi Disney. Aver avuto la Commedia dell’arte ha reso originali persino i nostri Carnevali). Abbiamo perso il piatto frote, la sfilata dei carri allegorici la sera , quando il gruppo doveva tornare a Siviglia. Ma Malaga, anche non andando al mare o al porto offriva molto lo stesso. Il museo Picasso, parzialmente in ristrutturazione, purtroppo, frutto di un legato della famiglia alla città natale del maestro, che qui passò l’infanzia. “Un terno al lotto”, ha detto la nostra guida, dicendo c he questo ha trasformato Malaga da aeroporto sulla via di Torremolinos e Marbella e delk resto della trafficatissima Costa del Sol, in città turistica autonoma. Ha ragione, anche monco come lo abbiamo visto noi, il museo merita, e intanto che rinforzavano le mura del Castello, un’altra Alcazaba moresca, è saltato fuori un intero teatro romano in perfetto stato di conservazione e stanno ancora scavando. La Cattedrale, anch’essa costruita sopra un’antica moschea, di cui rimane solo il giardino degli aranci è bellissima ( e costa più del museo Picasso). Ha uno splendido soffitto a cupola e un solo campanile (la chiamano infatti la Manquita, cioè la monca – non è chiaro se sono finiti i soldi o se si sono accorti che il terreno sabbioso non avrebbe retto il peso). Bellissima: non quanto la fritura malaguena (niente accenti nella tastiera italiana) con i bianchetti e la verdura, gustata in un caffé dietro plaza de la Costitution, abbastanza lontano dai turisti e senza buttadentro, che annaffiato di vino bianco ben freddo sarebbe stata altro che la morte sua, ma avevo troppo caldo per il vino. La compagnia di suonatori folkloristici bardati dei colori della confraternita ( se ho capito bene) non aveva palesemente quel problema: erano allegri come alpini in raduno e hanno cantato per tutto il tempo del nostro pranzo. Tra piazza della Costituzione, Plaza de la Merced, dove c’è la casa natale di Picasso, la città vecchia, e Marques del Lario, la via principale, si trovano i marchi della globalizzazione e tante botteghe carine.
Ma forse dovevamo andare in spiaggia.
Foto di gruppo con Picassso e foto di gruppo di suonatori avvinazzati