Questo è un post doppio, nel senso, che una parte la trovate qui e l’altra, su la marmotta.
Di solito, come già avevo spiegato, le cose relative al natio mandrognistan dovrebbero andare sulla marmotta ( e infatti ci andranno), tuttavia, un paio di considerazioni andrebbero fatte anche qui, sul vecchio e sul nuovo ponte.
I Savoia, notoriamente, sono statti costruttori di ponti , solitamente per ragioni militari e il nostro vecchio Cittadella non faceva eccezione. Domenica scorsa, andando a passeggiare sul ponte nuovo di zecca, pensavo a quelle tracce che si trovano prima del lago Combal e che erano una chiusa costruita proprio per deviare il torrente Dora in caso di necessità, essendo tutta la zona una sezione militarizzata – come il Mont Fortin, il col Chvannes, il Piccolo San Bernardo e così via. Noi siamo nati a cavallo delle Alpi, e a cavallo delle Alpi il presidio dei passi era militarmente fondamentale – e per noi, adesso , una struttura escursionistica straordinaria. Detto questo, noi loro eredi in quanto a manutenzione non siamo stati altrettanto solerti. La guerra , almeno sui passi alpini nostri, è finita, ma la cementificazione dei torrenti e la costruzione di edifici in alveo – tanto per dire, la mia nuova scuola è costruita a cento metri in linea d’aria dalle sponde e infatti il giorno dell’alluvione del 1994 l’acqua è arrivata al primo piano, dove sono io in questo momento – è responsabile di molti disastri più o meno annunciati. Siamo responsabili noi, in realtà, anche se la natura stessa si incarica di ricordarci che non tutto è controllabile e prevedibile al cento per cento.
(D’accordo, i nessi logici qui sono carta vetro)