Oggi era primavera. Non che questo posto migliori con il sole, ma certo è meglio di una giornata di nebbia ( permettimelo, Mr.Eliot) . Specie se il cielo è limpido e andando in bicicletta a comperare la marmellata si vedono nuvole e Appennini, e intanto si smaltiscono pizza, insalata di mare e gelato. E stendere la biancheria con il gatto che si strofina nel sole è bello. Basta dimenticarsi del kipple, quello dei romanzi di Philip Dick, che si riproduce nel mio cosiddetto studio, senonché prima di andare a dormire ti prende l’orrore, tipico della sindrome da pulizie di primavera della montagna di carte, ricevute, scarpe non ancora lucidate, riviste non ancora o mai lette, camicie da stirare, vestiti pronti per il giorno dopo, cosmetici pronti per non svegliare l’uomo che dorme eccetera. Così si mette tutto in fretta a posto o quasi, così si va a letto contenti, sapendo che alla prima occasione il kipple si sarà già riprodotto. Appunto
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