Mi sono seduta davanti al computer e mi sono detta, di che scrivo? In realtà potrei scrivere di un sacco di cose, dalla mia minivacanza sul lago Maggiore, a Innsbruck, alla mia incipiente menopausa a un po’ di altre cose (anche della Gelmini, visto che la scuola è cominciata). Ma la guerra in Afghanistan è una cosa troppo importante. Ho il massimo rispetto per le persone che scelgono quel tipo di carriera (che di solito la scelgono perché non sono ricche e famose) e oltre ai pericoli oggettivi devono probabilmente aver a che fare anche con le disfunzioni che ogni struttura di ampie dimensioni in Italia ha ( e probabilmente si incazzano a morte – le due persone che conosco e che hanno fatto carriera nell’esercito, uno negli alpini e uno nei carabinieri, di tanto in tanto si incazzavano a morte e probabilmente ancora lo fanno). Non dico nulla di nuovo (anche perché lo hanno detto in tanti) scrivendo che l’immagine che diamo all’estero è troppo Papi e troppo poco gente così (soldati nel peace keeping, medici senza frontiere di emergency o d’università, insegnanti, artisti, professionisti). Peccato.
Quanto al nostro essere in Afghanistan, solo le anime belle si illudono che una missione di peace keeping o di “democratizzazione” sia una passeggiata dove tutti ti lanciano fiori, e solo le stesse anime belle che credono che far finta che il mondo non esista e ritirarci da tutti gli scenari di impegno migliori la nostra politica estera (ma ce l’abbiamo, una politica estera?)