Il bello di andare a zonzo tra gattare è che se una si ferma a cottolare un gatto per strada l’altra non si scombussola o si scazza. E in giro per la Tuscia (chiamiamo gennericamente così tutta la zona che sta a cavallo di tre regioni -Lazio Umbria e Toscana- e no, non voglio ingaggiare una disputa geografica quando i tre quarti delle persone che conosco hanno difficoltà con i punti cardinali, e persino con la destra/sinistra, intese come lati, non si sa mai).
Comunque questa zona è piena di gatti: per lo più danno l’impressione di aver una casa e un padrone, o comunque di essere colonie controllate e gestite ( alla necropoli di Cerveteri, al mio oh, un gatto, di lì a poco abbiamo scoperto ciotole per l’acqua e le crocchette ben ancorate ai cancelli, segno che i gatti erano amati e seguiti, sospetto dal personale della necropoli, perché ciotole e cibo erano dentro l’area cintata).
La città dei gatti per eccellenza però, è Civita di Bagnoregio, la città che muore di Bonaventura Tecchi e patria di San Bonaventura da Bagnoregio (ci sono ancora tracce della casa natale), grande teologo medievale e dottore della chiesa, una delle voci più importanti dell’agostinismo francescano – nel suo Itinerario della mente in Dio filosofia e teologia si affiancano sino alla perfetta visione di Dio ( ma dato che non intendo farvi una lezione di filosofia medievale, leggete la Treccani). Vi basti comunque sapere che Dante lo colloca in Paradiso – se a suo tempo avete studiato ricorderete l’elogio incrociato che Bonaventura e Tommaso fanno dei rispettivi ordini.
In ogni caso, Civita, che conta 11 abitanti fissi (i gatti sono molti di più – almeno noi ne abbiamo visti più di 11 in ogni caso) ha cominciato a morire già ai tempi degli etruschi. Si trova su uno sperone di tufo nella zona dei calanchi dell’Alto Tevere e ha dovuto combattere contro le frane già nell’antichità. Adesso le strade che risalivano, immagino, i fianchi dello sperone roccioso sono stati sostituiti da una passerella di cemento che sale verticale sino alla porta di Santa Maria, quella con i leoni.
Vi assicuro, sembra lunghissima, ma in realtà l’abbiamo percorsa tranquillamente in una ventina di minuti, scarpe con i tacchi assolutamente sconsigliate. In alternativa, biciclette, meglio se elettriche e scooter, al più un’ape, ma in auto non si sale. Arrivati in paese si ha sicuramente molta più voglia di mangiare.
La vista su e da Civita è meravigliosa, specie al tramonto. Anche senza la canicola, abbiamo convenuto che arrivare nelle ore più calde aiuta sicuramente il misticismo: se non la madonna, San Boventura lo puoi magicamente incontrare in qualche piazzetta.

Pro tip: l’ingresso alla passerella costa 5 euro ( dal 2013 – giudicare dal commento che abbiamo letto su un cartello non tutti l’hanno presa bene): tra l’altro noi abbiamo pagato lo stesso arrivando dopo le sette di sera. Ci sono parcheggi a pagamento tra Bagnoregio e Civita, piuttosto grandi (ex cantina didattica e Alberto Ricci) Noi abbiamo dormito a Bagnoregio da Maurizio che abbiamo trovato su Airbnb, in un posto tranquillissimo, con una bella terrazza, dove si sentivano solo i suoni della natura (e con un letto comodissimo). Maurizio è davvero un host gentilissimo, e ci ha dato una serie di indicazioni sui locali gatronomicamente interessanti. Alla fine abbiamo scelto Il forno di Agnese e abbiamo fatto bene.
