Avrete notato (lo so che lo avete notato) che questo week end tutto è stato silenzio. Perché mi sono riposata- almeno parzialmente- e ho incontrato persone. E me ne sono stata a casa a sistemare il terrazzo per l’inizio dell’estate.
A casa.
Ho un’amica che ha quello che Balzac chiamava l’horreur du domicile. A casa si può dire che ci va a dormire e a dare la cena ai gatti ( sempre lì si torna) . Spesso facciamo cose insieme ma spesso io preferisco, dopo aver camminato, starmene a casa a leggere scrivere e coccolare i gatti. A me l’horreur du domicile è passato- infatti durante il lockdown stavo benone.
Per carità, mi pesava non potermi muovere, avevo come tutti paura di ammalarmi, avendo una certa età, ma tutto sommato casa mia ( e per alcuni aspetti anche il mio luogo di lavoro) era il mio porto sicuro e senza sentire il bisogno di cantare dal terrazzo (va beh, tranne il 25 aprile).

Da più giovane e da sposata, per lo meno quando vivevo nella casa che dava sulla buia piazza, avevo molta più voglia di scappare, e credo che questa sia la parola esatta. Scappare implica anche volersi allontanare dalle responsabilità, dalla tristezza, financo dal dolore.
Ora, non è che le responsabilità siano diminuite, il dolore men che meno, ma forse invecchiando ho maggiori strumenti per affrontarlo – a dimostrazione che non si è mai maturi del tutto. Ma maturi abbastanza per apprezzare amici, famiglia, casa, gatti, quello che si ha.
