Sono parecchi i luoghi con cui devo far pace e Desenzano, almeno per un motivo, è uno di quelli. Intendiamoci, non mi è capitato nulla di particolarmente spiacevole: in realtà è capitato a tutti noi come famiglia , per così dire.
Sono stata a Desenzano per la prima volta nei primi anni settanta, per le vacanze di Pasqua. La mia esplorazione del lago di Garda è iniziata da quello che era il luogo più ovvio, perché raggiungibile in treno ( l’ho già detto, credo, che mio padre, pur essendo stato un motociclista per molti anni, e a dire di mia madre anche abbastanza spericolato, non aveva mai preso la patente e quindi quasi tutti i miei viaggi da bambina erano in luoghi raggiungibili in treno, o in pullman, come Courmayeur
A Desenzano eravamo in un albergo molto elegante ( che già era una cosa abbastanza strana, considerato il taglio di solito abbastanza spartano delle nostre ferie – spoiler, ci sto tornando, perché, cito “ io e te non siamo da albergo, amiamo troppo i nostri tempi”). L’albergo è ancora lì, il Park Hotel sul lungolago, ed è sempre, a vederlo, un posto elegante. Aveva un unico handicap considerevole, ma lo ha, tutto intero, il centro di Desenzano: le campane del Duomo. Pensavo fosse impossibile che dopo tanti anni le cose non fossero così cambiate, ma tant’è, siamo entrate in Duomo, che è una bellissima chiesa bianca, subito prima della messa e lo scampanio era talmente potente che impediva di parlare
Immagino che gli abitanti del posto nemmeno se ne accorgano.
E tuttavia mi ricordo molto bene, e come un incubo, quelle campane che suonavano ogni mezz’ora per ventiquattr’ore, e ora fortunatamente tacciono. Ma se tanto mi dà tanto il festoso scampanio che ci ha allietato quella notte di Pasqua ( mi ricordo che mio padre ormai sveglio si era alzato , vestito ed era uscito) nelle feste comandate è rimasto lo stesso. Almeno a giudicare da una normale messa prefestiva.
In ogni caso, l’atmosfera di Desenzano è davvero molto rilassante e la sera del 31 ottobre, con i bambini mascherati e truccati che andavano nei negozi a fare dolcetto o scherzetto si respirava serenità. Una parola che mi fa persino strano usare dopo questi due anni.
A titolo di curiosità ho trascinato Luisa a vedere il monumento al Reparto Alta Velocità, che aveva sede a Desenzano.

Questo perché il famoso avvocato Motta che veniva da noi a pranzo tutti i mercoledì era figlio del capitano Motta, vicecomandante della squadriglia, collaudatore, che aveva pilotato il Macchi M67, un idrovolante che aveva fatto il record di velocità omologato nella coppa Schneider (560 km all’ora), ed era morto in un incidente proprio a Desenzano nel 1929. Non dico che c’eravamo andati apposta ma quasi.
Eravamo stati anche a Gardone e Salò, in battello ( poi vi chiedete perché da grande ho fatto la storica) e al Vittoriale. Spoiler, non ci siamo andate nemmeno stavolta, ma almeno ci abbiamo provato, a prenotare, e niente, non c’erano più biglietti ( le visite alla casa di D’Annunzio sono guidate e contingentate, meglio prenotare sul sito)