Io sono la figlia dell’altro Mario. E a pensarci bene, non ci potevano essere due persone più diverse. Mio padre, che faceva dell’understatement una religione (noi? eroi? al massimo eravamo dei rubagalline) e Mario, che se doveva scegliere, per qualsiasi cosa, sceglieva la più eclatante evidente esibizionistica. Mario, che è stata una presenza fissa e per la verità quasi clandestina nella mia infanzia, perché arrivava tardi, e poi ripartiva presto (per Moncalieri? o comunque un posto che a me sembrava lontanissimo). Però, con l’evidente attrazione che hanno gli opposti, sono stati amici per tutta la vita (io e sua figlia, per dirne una, siamo diventate amiche molto più tardi e sempre “grazie” a lui): perché sapevano, infallibilmente, da che parte stare.
Ciao, Mario
(Mario Giachero, 1927-2021)