Ormai il mio unico camminare si fa in pianura. D’altro canto se fai tutto il Decumano da ovest a est sono già un km e due, fai il ritorno, sali e scendi qualche padiglione, fai qualche giro e la tua dose di passi l’hai fatta. Questa volta ho accompagnato una classe di maggiorenni, per i quali non ho dovuto nemmeno attivare il solito gruppo whatsapp. (La sorveglianza a distanza). Ebbene, sono riuscita a vedere tutto quello che desideravo vedere: il caffè, il cacao, le foto di Salgado, l’AustrialaGermania, la Francial’Inghilterra. Ma, e le code? Allora, la mattina, esclusa l’Inghilterra, non ho trovato praticamente code. O almeno non più di un quarto d’ora, il che non è una vera e propria coda. Al pomeriggio ho fatto un paio di code fluide, Francia e Stati Uniti (niente di che, a proposito, Obama che blatera di dieta sana a due passi della trunk food nation e con Macdonald main sponsor dell’evento, una bella faccia tosta).
Cosa resta allora?Il buono, certo, è che davvero alcune nazioni hanno fatto un grosso sforzo per comprendere e sviluppare la mission dell’Expo. Il brutto sono le multinazionali. Un Expo che favorisce il discorso sul cibo sano e sulla fame che si fa sponsorizzare da Macdonald ( e piuttosto che spendere un sacco di soldi nei ristoranti dei padiglioni – Francia e Germania erano abbastanza inavvicinabili – da Macdonald e allo stand della Coca cola c’erano milioni. Peraltro io una ventina di euro li avrei anche spesi, ma la mia ricchissima collega invece no. Abbiamo mangiato in Afghanistan, una specie di gnocco fritto ripieno di verdure, molto delicato, niente overload di cipolle stavolta , e io ci ho aggiunto un budino al mango , il ragazzo della cassa ha detto che era il più buono . Sul perché mezzo mondo tra quelli che io conosco salta del tutto il pranzo poi apriamo un dibattito) . Il boh, se non proprio il cattivo sta talvolta nella geopolitica, ossia nel fatto che in molti padiglioni, il Turkhmenistan, per dire, senti la presenza ingombrante di regimi che non sono propriamente democratici; o senti lo sforzo, talvolta quasi commovente , di mostrare al mondo una parvenza di normalità che nascondesse la povertà più nera.
Poi ho visto lo spettacolo all’Albero della vita, molto bello, e con il sole molto più vivido. Ho ritirato allo stand della Illy il libro con le foto di Salgado che avevo comperato la mattina e lasciato in deposito (una mattonata). Ho preso un altro caffè allo stand del Burundi, ho investito 10 euro nel caffè più buono del mondo, e ho scoperto che al mitico padiglione del Brasile, le seconde code per lunghezza dell’Expo erano per salire sulla rete. All’ingresso ufficiale non solo non c’era coda, non c’era proprio nessuno. Il padiglione era anche bello, un po’ una delusione , per il polmone verde del pianeta, anche se un po’ acciaccato.