Ho passato un week end al caldo. Non al sole, al caldo. Già girare tra le bancarelle della primavera vinile era sufficientemente triste. A questo si è aggiunto un film bergmaniano il sabato, il cugino piacione che si è fatto la fidanzata, il dannato ara che ha strillato tutto martedì ( voleva festeggiare a modo suo la festa della Repubblica? Ad ogni modo sono stata lì lì per mettere il gatto nel traportino e suonare alla sua porta), i compiti che non si sono corretti da soli.
Mercoledì, dopo il bucato, anzi dopo due bucati, sono scappata. Non lontano, perché sono sempre stanca, ma abbastanza da farmi una mezz’ora di salita. E tanto, anche lì non ci andavo da una vita: a Montespineto. Dove lasciata l’auto sul prato, ho fatto l’ultimo quarto d’ora di salita sotto ad un bel vento caldo di föen. E mi si sono subito tagliate le gambe, perché ho sempre il tallone che mi fa male. Però così ho guardato con più attenzione le cappelle e le immagini di ceramica di Baveno, che sono un bell’esempio di immagine devozionale razionalista, ho scoperto la tomba del sacerdote che ha assistito al miracolo della colomba ( in giro c’erano da una parte i Francesi e dall’altra lo Spinola e stava aleggiando la manzoniana peste e per quei poveretti che stavano a Stazzano ci voleva anche più di un miracolo).
E poi ho guardato il panorama, che se si esclude la raffineria tra Arquata e Ronco è anche bello.
(Niente foto perché non le ho ancora scaricate)