Mentre le vacanze di Natale si avvicinano a grandi passi e io ho effettuato soltanto un’altra uscita ( e, fra l’altro la regolarità con cui questo blog usciva è andata a catafascio , ma spero di emendarmi presto), alcune cose sono , come dire, rimaste in un limbo da cui continuano a far capolino senza trovare una soluzione. Tralasciamo, per ovvie ragioni le consuete geremiadi tasse-lavorinonfatti-scuola-soldichemancano-vogliovivereinunmondocivile. Per quelli sto piangendomi addosso in carne e ossa con tutti quei pochi che conosco, ancorché lato scuola ci sarebbero alcune cose divertenti da raccontare che però contribuirebbero a rafforzare il lato depressivo.
Quello che ci sta sopra minacciosamente ha piuttosto a che fare con la poco allegra convinzione che il graciously getting older, come dicono gli inglesi, è una (colossale) panzana autoconsolatoria: la vecchiaia, con i suoi annessi e connessi di cose che non funzionano a livello generale e particolare, ti salta addosso senza preavviso, non gradualmente, una ruga qui un indebolimento del ginocchio là. Come se, quando la data di scadenza si avvicina, le tessere come i pixel del digitale terreste in una brutta serata, cominciano a sgretolarsi. E in più, ci si è messo anche il medico di mio marito a dire che certe cose (cuore polmone cervello sangue e altro, molto altro) sono lì scritte nei nostri geni, come la tuche di Platone, e non c’è modo di modificarle ( e grazie per questa dovuta ventata di ottimismo). Mentre ci consoliamo con la caduta del libero arbitrio e con la caduta verticale della fiducia nella medicina, senza nemmeno poterci consolare con la convinzione platonica che almeno il destino si può scegliere prima di arrivare qui.
La parte consolatoria sta che sono andata a Courmayeur, prima della grande nevicata, approfittando di una delle insulse assemblee dei miei studenti ( a dire il vero nemmeno le nostre dei bei tempi andati erano sensate…). Il bello era che su di neve c’è n’era già un bel po’ e pur essendo un venerdì pre week end in giro non c’era nessuno ma proprio nessuno. La Val Sapin perfettamente percorribile con racchette, il passo talmente lento che mi sono vergognata, il sole caldo, la temperatura a meno quattro. Nemmeno un negozio aperto per comperare un etto di fontina, e il negozio di alimentari della vecchia parrucchiera amica di mia madre scomparso per sempre.
Anche questo va messo in conto all’entropia.
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