L’anatra zoppa ha zoppettato, ma qui si cammina comunque.

Amica Giovane e Dandyfunky avevano un’idea, almeno, in mente, e devo dire che l’hanno portata avanti sino alla fine. Io non sono certa se ce la farei in circostanze normali, ma essendo le circostanze non normali non faccio congetture e amen – in ogni caso ho acquistato ex post la più recente guida al Parco dei Monti Sibillini, e c’è un’altra voce nella mia bullet list, per quando guarisco.

Quello che hanno fatto le ragazze, è l’itinerario del lago di Pilato, probabilmente la gita più classica all’interno del parco in uno dei suoi luoghi più iconici. Ci sono molte leggende che circondano questo luogo, inclusa quella che lì sarebbe morto, a causa di una maledizione Ponzio Pilato (appunto). Non solo il lago aveva un’aura maledetta, ed era un luogo dove stregoni e negromanti locali andavano a “fare pratica”, al punto che il vescovo locale, di Ascoli Piceno, se non ricordo male dovette minacciare di scomunica, e pure della forca gli abitanti di Montemonaco e di Foce, che facevano da guida ai forestieri per raggiungere il posto.

Perché è remoto adesso e figuratevi allora (e tra l’altro, mi è stato detto, il lago è ancora luogo di rituali). Però putroppo, le fotografie che per la maggior parte troverete in rete non sono coerenti con la situazione attuale del lago, ormai ridotto a due piccole pozze a causa della siccità e della mancanza di neve che ha caratterizzato l’inverno al Centro Italia: perché noi su al nord stiamo al momento bene al fresco, ma non dobbiamo dimenticarci il caldo e la siccità che stanno devastando il sud.

Questo comunque è l’itinerario che mi hanno raccontato. Si parte da Foce, che è l’ultimo paese della Valle, dove c’è un posto tappa che ha copertura di telefono e internet (al di fuori di quello tutto tace). In fondo al paese, accanto alla chiesa, c’è una fontana e da lì parte una bella mulattiera che risale in falsopiano il fondovalle (Piana della Gardosa), poi entra nel bosco, e il sentiero inizia costantemente a salire. Usciti dal bosco, ci si ritrova in un vasto solco prativo (se guardate le foto su internet, noterete che in questo inizio di stagione era ancora possibile trovare tratti di neve residua, ma a fine giugno quest’anno non c’era più nulla) al sole; la mulattiera è ora sentiero e prosegue in salita sino allo sbocco del vallone dove diventa pietraia, si appoggia al lato destra della valle e risale sinoal ripiano noto come Fonte del Lago da dove si ha la visione dei laghetti poco più in basso e della montagna che li sovrasta, il Pizzo del Diavolo. Dall’altro lato, il Monte Vettore che è la cima più alta dei monti Sibillini. Nelle acque del Lago vive un piccolo crostaceo che è specie autoctona e protettissima, ed è abbastanza resiliente da essere sopravvissuto anche quando il lago è andato completamente in secca (sì è già capitato).

La palina dal basso dice 3 ore e cinquanta e sono più di 1200metri di dislivello a salire e a scendere. Quattro ore a salire, e due a scendere per le ragazze, che marciano. Io le ho guardate partire, sono andata a prenderle nel pomeriggio, e sono arrivate un’ora dopo rispetto all’ora prevista, quando già stava per prendermi un attacco di ziite. Nel frattempo, io sono salita alla Bolognola, da cui partono bei sentieri che non ho fatto, e sono stata a guardar delle lepri (e dato che lì il telefono prende, mi è anche toccata una telefonata di lavoro)

Attenzione: non ci sono punti in cui rifornirsi d’acqua, quindi almeno due litri a testa nello zaino sono necessari: i tre quarti dell’itinerario si svolgono su prati e pietraie al sole, e le ragazze sono state fortunate abbastanza da avere una giornata parzialmente nuvolosa; inoltre il lago è piuttosto ventoso, quindi pensate anche ad una giacca antivento. Scarponi assolutamente necessari.

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camminatrice e scrittrice, insegnante e madre - di - gatto, moglie scoordinata e ricercatrice, vive nel profondo nord.
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