Delle mille mila necropoli etrusche che ci sono in Italia ce ne mancano tantissime, anche perché gli etruschi vivevano in luoghi insospettabile dalla Toscana all’Emilia Romagna. Ad esempio abbiamo provato a visitare anche Vulsci, ma alla fine il caldo ci ha abbattute prima ancora di cominciare (è tutta al sole). Ho scoperto, a posteriori, che ci sono molte parti della necropoli di Tarquinia che sono chiuse, non visitabili o visitabili solo su appuntamento; che se guardi con attenzione ci sono tumuli un po’ ovunque… In più, sulla collina proprio di fronte alla necropoli c’è il grande tempio da cui provengono i cavalli che ho fotografato e anche quello (ma forse mi sbaglio) non è visitabile e comunque ci vai, credo, a piedi o in bicicletta, che è in mezzo al nulla.
Quindi: torneremo a Vulsci in un momento meno rovente, andremo a Populonia, a vedere i fenicotteri rosa alle saline di Taquinia (Aigues Mortes, tiè), e pure alle Terme di Saturnia, che Amica Giovane non ha mai provato l’ebbrezza della cosa.
Il nostro finale, almeno per adesso, è stato a Pitigliano, un altro posto meraviglioso, che conoscevo, per i miei studi di ebraistica, per il fatto che esisteva una fiorente comunità nata a fine Cinquecento grazie agli ebrei espulsi dagli stati della Chiesa. La “Piccola Gerusalemme” non esiste più, come comunità. La decadenza è iniziata con l’unità italiana e la maggior attrattiva esercitata dalla vicina Livorno; la Shoah ha dato il colpo di grazia alla comunità, perché 22 ebrei del posto sono stati deportati e non hanno fatto ritorno: ma una associazione locale mantiene in vita il ghetto e il Museo, la cui direttrice Elena Servi è (e spero sia ancora tra noi, perché non ho trovato testimonianze del contrario) l’ultima ebrea rimasta a Pitigliano. Qui ci sono gli orari di apertura del museo e della sinagoga, che è ancora utilizzata per cerimonie religiose come matrimoni e Bar Mitzvah, e possiede arredi molto antichi, che risalgono al Cinquecento. Sono visitabili: le cantine, la conceria, e il forno kasher, tutti scavati nel tufo.
Oltre al ghetto la città, come Civita, è appollaiata su uno sperone di tufo: alla base ci sono diversi itinerari nelle vie Cave, antiche strade scavate nel tufo alcune delle quali esistenti già in epoca etrusca (appunto, etruschi in ogni dove). Il centro storico è pedonale (semplicemente perchè di motorizzato spesso ci passa a malapena un’ape) ed è pieno di gatti. Ci sono angoli con ciotole piene che mi fanno pensare che in un modo o nell’altro anche loro siano un’attrazione turistica. La cucina locale anche, noi siamo finiti al Tufo Allegro, che era vicino a casa nostra e al ghetto, consigliatoci dal nostro Host di Casa Messi, e che dire, una favola. Ho comperato il souvenir migliore che potessi trovare (nella città vecchia ci sono molte eleganti botteghe), e naturalmente ho portato un dolce ebraico per la mia cugina catsitter (in tutto questo loro non erano felicissimi).
Protips: il problema di dove collocare la propria vettura si pone. Il nostro host ci ha suggerito di chiedere al comune di Pitigliano l’autorizzazione all’accesso per l’eventuale carico-scarico dei bagagli nell’unica piazza accessibile. Basta una mail a ztl@comune.pitigliano.gr.it, indicando il giorno dell’accesso, le proprie generalità e la targa dell’auto. A me hanno risposto molto presto. Ci sono diverse zone di parcheggio, la maggior parte a pagamento subito al di la della provinciale. Il parcheggio è accessibile da app EasyPark e tra le opzioni c’è un giornaliero turistico a 6 euro, valido per 24 ore dal momento del pagamento, che è molto utile e conveniente.
Pitigliano è un posto fantastico e ci torneremo (o almeno io voglio tornarci e secondo me Amica Giovane dovrebbe portarci Fidanzato Scozzese, perché il posto è romanticissimo – ci sono belvederi che la notte si illuminano solo di stelle (non scherzo, una sera abbiamo fatto lo slalom tra le coppiette…)

