Non questo week end, cioè. Dove ha fatto comunque freddo. E persino Cristina D’Avena (no i Måneskin non vengono a suonare qui) non ha cantato, se no il vento se la portava via
Ricordate la volta che Fanny si era persa? Era il per il compleanno di un’amica, di quelli pesanti – il mio è stato in pieno lockdown quindi devo ancora rendermi conto. Un’amica di lunghissima data ( un giorno questa storia dovrò raccontarla un po’ più in dettaglio) con cui in realtà ho viaggiato pochissimo, se si escludono corsi e convegni, che sono un’altra cosa. Mi aveva invitato a festeggiare facendo un viaggetto . E dopo molte esitazioni e confronto dei prezzi (qui nessuno è Onassis – così avete idea di quanto siamo boomer, per voialtri ggiovani come i Ferragnez) avevamo deciso per Arezzo, che nel gruppo che Lia aveva scelto per festeggiare due non conoscevano, e noi due avevamo visitato di corsa nel 1993, agli albori della nostra amicizia, e poi per ragioni varie e diverse non ci avevamo mai più messo piede.
Il viaggio è capitato in un periodo in cui ero per varie ragioni morta. E lo ammetto ho fatto di tutto per tirarmi indietro. Ero anche particolarmente a corto per aver pagato bollette varie, che sono la croce e delizia di tutti noi quest’anno, ma la festeggiata , cioè Lia, ha detto ed era prontissima a fare una cosa che mi ha fatto capire che ci tenesse davvero tanto alla mia presenza e non solo perché mi aveva chiesto di guidare.
Sono partita tra i lazzi dei miei coworkers, soprattutto del direttore della biblioteca, che ha detto più o meno ( ricordate che le sue frasi sono accuratamente censurate perché mi leggono nonne e bambini), sei matta hanno detto che farà un freddo becco. Non solo, le meteo davano neve, l’amica di Lia aveva prenotato in un agriturismo bellissimo ma in cima a un dirupo (come abbiamo poi scoperto , in fondo a un dirupo) e non aveva le gomme da neve perché tanto a Finale Ligure non servono, mentre io so guidare con la neve (mio commento, va beh, alla mala parata il proprietario ci aiuterà a metter su le catene: non è capitato, per fortuna, ma avendo conosciuto il simpatico proprietario di sicuro ci avrebbe aiutato).

Comunque siamo partite tardi perché io avevo la solita riunione a cui non potevo rinunciare, abbiamo fatto la solita coda in Liguria, perché non importa se a est o a ovest la coda c’è sempre (e comunque c’era sempre la possibilità di neve sull’appennino e quindi meglio fare la litoranea e non la variante di valico) e a gennaio abbiamo fatto l’ultima parte del viaggio col buio pesto e ovviamente ci siamo perse intorno a Monte San Savino che era la nostra meta e che è un posto bellissimo quando lo abbiamo visto col sole. Siamo arrivato che era tardissimo, abbiamo finito per bere con il padrone di casa e non abbiamo fatto entrare la gatta che era fuori, su suo consiglio, perchè poi ci avrebbe svegliato alle tre per uscire. Però tutti i molti gatti felici e pasciuti che abbiamo visto illuminati dalle lampade hanno gradito gli avanzi. Il posto (che ha anche la piscina, ma ovviamente a gennaio era chiusa) è davvero bello, e ha recensioni adoranti un po’ ovunque: un po’ di foto si possono vedere sul sito. Noi eravamo nella parte di casa denominata Sunia, in cinque.
Il giorno dopo siamo andate ad Arezzo alla caccia di tutti i Piero della Francesca che non avevamo visto e come previsto faceva un freddo belluino (belluino con berretto di lana, guanti di lana, pantaloni pesanti, stivali: ho avuto più caldo in montagna) . A metà pomeriggio (del sabato) mi suona il telefono, vedo un numero di Asti e sto per non rispondere poi mi viene un’illuminazione: l’allarme dell’ufficio, che già una volta aveva chiamato la centrale operativa. E’ l’allarme dell’ufficio (la lista dei numeri è: il mio collega, che in quel momento era sotto la doccia, io, il presidente):
- Buonasera, è suonato l’allarme della porta d’ingresso. Può andare a controllare?
- (io) Sono ad Arezzo e direi che è poco probabile. Potete mandare una pattuglia?
- Non può proprio?
- SONO AD AREZZO! (a questo punto si girano: Lia, Rebecca la sua amica inglese che era con noi e due passanti)
Faticosamente sono riuscita a convincerli a mandare una pattuglia e poi ho cercato di spiegare a Rebecca perché chiamavano proprio me. Tra l’altro, ho viaggiato con due persone che chiacchieravano con me (abbiamo finito per tentare di spiegare a Rebecca la storia del mostro di Firenze), il che per me è quasi una novità perché Francesco dormiva da casello a casello e nemmeno Lulu è loquacissima)
In ogni caso, la nostra avventura culinaria non è stata altrettanto felice. Pranzo niente di che, sera eravamo talmente intirizzite, e pure sotto una pioggerellina gelata, ma nessuna aveva voglia di fare il primo passo, sinché ho detto ragazze, se non vi dispiace, io mi faccio la doccia poi mangio gli avanzi di ieri, lo so che è sabato, ma di vestirmi per andare in un ristorante meglio di no (avevamo due auto). Boato. Abbiamo saccheggiato la Coop di Arezzo, bevuto due bottiglie di Chianti e scoraggiato chi tra noi aveva ancora pile (cioè la figlia tredicenne di Emilia, Viola).
Il giorno dopo ci siamo svegliate sempre con il freddo, con le montagne spruzzate di neve, ma perfettamente riposate.