Ora che il Salone del libro è finito e le polemiche sono state digerite, due parole sul suo svolgimento e gli annessi e connessi. Per la prima volta, sono venuta più per lavoro che per guardare i libri che mi interessavano (anche per questo poi, ovviamente, non sono certo tornata a casa a mani vuote). Quindi ho gironzolato all’interno degli stand istituzionali degli Istituti culturali piemontesi, partecipato ad un evento, e solo dopo mi sono data ad un moderato caccialibro.
Come sempre, le polemiche giovano al business. Sabato c’era la folla, domenica lo stesso, lunedì anche. C’erano vips, da Civati a Michele Serra, la dottoressa Pais senza il cane Palla e altri che non ho nemmeno riconosciuto, fatto salvo per quel sottile sentimento di familiarità che ti prende nella folla.
La questione: librai fascisti al salone. Ci sono sempre stati. Ricordo, anni fa, che stavo cercando un libro di mitologia bretone, e il mio libraio di fiducia (stiamo parlando di un tempo in cui Amazon non esisteva ancora, e nemmeno internet), mi disse che chi lo pubblicava era un editore di estrema destra. Che io trovai prontamente al salone, seminascosto in un bugigattolo non particolarmente visibile – insomma come il venditore di attrezzi cucina miracolosi alle fiere popolari – che non aveva più il libro che era ormai fuori catalogo pure per lui, ma in compenso aveva un sacco di croci celtiche in giro. Poi per carità, Mimesis pubblica i libri di Fusaro, che di Marx capisce quanto io di fisica nucleare, ma oltre ad essere un perfetto misogino cretino, è molto mediatico (se mi fa causa per diffamazione mi toccherà finir di leggere quel libro su Marx che ho abbandonato tra il riso e la stizza, giusto per tenere il punto)
Ma indipendentemente da questo, i tempi sono cambiati (sai che novità): il capitone è l’uomo più desiderato dalle italiane (ora il mio martirio era notoriamente piuttosto stazzuto, ma vorrei vedere il capitone, se è così – diciamo – performante come era lui), ma soprattutto, i signori con le croci celtiche che prima erano quasi vergognosi della loro esistenza, consapevoli comunque di rivolgersi ad una parte di noi che esisteva in condizioni di semiclandestinità, soprattutto non cercavano quella visibilità, e quella legittimazione che i movimenti di estrema destra, che con il fascismo condividono l’aspetto eversivo e il folclore, ma non l’ideologia del profondo ( sono d’accordo con Gentile, se non si è capito, e con De Bernardi, se continuiamo ad alimentare la nostalgia non ci rendiamo conto di quanto questi movimenti siano pericolosi adesso)
In ogni caso, se il Salone non fosse stato il successo di pubblico che è stato, grazie ai vari sottosegretari leghisti, cercherebbero di fare saltare tutti i vertici, che magari non avranno agito nel modo migliore, ma pur sempre sono al comando di un formidabile vascello che fa denaro – poi come lo si spenda…
In tutto questo, di editoria di montagna ne ho trovata pochissima, meno del solito – o forse nel caos generale, specie all’Oval, me li sono persi… in ogni caso, questo ho comperato (il resto sono medicine per la salute declinante)
