Alla fine, ho avuto l’intervista che sognavo e di cui renderò conto prossimamente. Tamara Lunger è in realtà una persona disponibilissima e davvero speciale, con un’enorme luce interiore. Nella brutta istantanea che vedete qui sopra e che si riferisce alla serata finale, mi ha colpito quella immagine, che anche a lei piace molto, quel toccare il cielo con in dito che l’andare in montagna ti dà, e te lo dà sempre, che tu sia come lei la più forte alpinista vivente, o come Beat Kammerlander, che ha ritirato il premio della Paul Preuss Gesellschaft insieme ai suoi bambini e che come Preuss è un esteta del gesto, quasi un acrobata del rotpunkt, capace di volare, risalire e ripetere in libera una parete “di casa”, nel Montafon, già scalata e attrezzata due anni prima e poi liberata. E non stiamo parlando di un vado la scalo e torno (c’è anche questo, ovviamente, le gare di arrampicata si fanno così), ma di una ricerca. Che prende tutto il tempo necessario: volare può voler dire farsi male a un ginocchio – certo sei assicurato, ultrassicurato, ma il peso del corpo in caduta provoca strane traiettorie, e alla fine volente o nolente vai a sbattere . E allora aspetti di essere di nuovo al top della forma, perché a 58 anni – sì siamo coetanei… – non si guarisce così in fretta, anche per un top athlete.
Si è parlato molto di concentrazione e motivazione nei miei due giorni di Bressanone. Anche di ottimismo. Con l’ultratrailer e modella Gela Allmann che durante un servizio in Groenlandia (mettiti più in là cara che l’inquadratura è migliore è precipitata per ottocento metri lungo il fianco di una montagna e se l’è cavata con fratture multiple, emorragie, braccia e gambe massacrate e dice di essere stata molto molto fortunata. Ha smesso di correre e di fare scialpinismo (aveva fatto anche il Mezzalama) a livello top, ma non ha smesso di camminare, è diventata mamma, si è inventata una seconda vita anche sportiva e un metodo per ricostruirsi. Concentrarsi, visualizzare, amare se stessi, accettarsi, vivere la propria passione.
Concentrarsi sembra una parola chiave per parlare delle proprie esperienze in montagna: perché non sono situazioni da vivere superficialmente, anche se in montagna come in qualunque altra situazione si può passare e restare in superficie. Chi si concentra , si ferma a vivere l’esperienza.
Il più bell’elogio del festival di Bressanone me lo fatto Tamara Lunger durante l’intervista. “Sono venuta il primo anno, vedevo tutti questi grandi alpinisti e volevo essere come loro. Mi ha dato una spinta molto forte” : e ho aggiunto io sei diventata come loro. E infatti era seduta sul palco a farsi intervistare. Partecipare ha dato molta motivazione anche a me. Quindi… Lunga vita!