Sabato pomeriggio, dopo un salutare pomeriggio trascorso all’ombra delle colline casalesi, ma già caldo, siamo passate a casa della cugina di Lulù, per un salutare aperitivo dopo il quale nessuna ha più cenato (frutta, tisana, nanna). A parte la mia amica canadese Marisa, che è molto più giovane, eravamo un gruppo di coetanee, due delle quali avevano già raggiunto la fatidica cifra tonda. Intanto che mangiavamo, inevitabilmente siamo scivolate sulla situazione presente – non sulla fatica della passeggiata. Ma su quella che vedeva tre …enni vestite in modo non dissimile da quelle che potevano essere le loro figlie, e dato che in casa c’era appunto una figlia che stava tagliando il prato con papà, la cosa saltava abbastanza agli occhi. Jeans, magliette, sneakers, un cappello per Marisa che comincia ad aver caldo, un vestito corto per Lulù che veniva direttamente dal tribunale. E no, non era perché avevamo bisogno di apparire uguali alle nostre figlie vere o supposte ( oddio, in giro si vede anche questo, ed è davvero triste. Personalmente nemmeno se ritornassi ad avere il fisico, mi metterei i calzoncini a fil di posteriore, e pure oltre , che ho visto addosso a ragazzine quindicenni. Perché non ho la testa da quindicenne, e meno male.
Ma non ho nemmeno la testa da sessantenne. Non liceo, ma nemmeno museo, per dirla con i nostri vecchi. Mia madre, che pure a sessant’anni andava in montagna con sua cugina ( la regina madre, per intenderci), certe volte si lasciava condizionare dall’età, o meglio da quello che ci si aspettava dalla sua età – non solo dal fatto che né lei né mia zia, che era indiscutibilmente la più stilosa di famiglia non si sarebbero mai messe dei pantaloni ( se non per sciare, mia zia era anche l’unica in famiglia che sapesse sciare)
Ecco. Non non abbiamo aspettative legate all’età. Se sia un bene o un male non ci è dato di sapere.
